La Commissione europea vuole conservare i tuoi dati: torna il dibattito sulla privacy

La Commissione europea ha lanciato una nuova consultazione pubblica che promette di riaccendere il dibattito più controverso degli ultimi anni: la conservazione dei dati personali a livello dell’Unione Europea.
I tuoi metadati sotto la lente
Secondo Bruxelles, per contrastare efficacemente i crimini, le autorità di polizia e giudiziarie devono poter accedere a metadati come informazioni sugli abbonati, cronologia delle connessioni, posizione dei dispositivi e orari di attività. In assenza di una normativa armonizzata, questi dati spesso non sono disponibili al momento delle indagini – ed è proprio su questo vuoto normativo che la Commissione vuole intervenire.
Non si tratta del contenuto delle comunicazioni (messaggi, chiamate, file), ma solo di dati tecnici. Eppure, per molti, anche questi rappresentano una seria minaccia alla privacy.
Il ritorno della “sorveglianza di massa”?
Le nuove proposte arrivano a pochi anni da importanti sentenze della Corte di Giustizia Europea, che hanno bocciato senza mezzi termini la raccolta indiscriminata di dati. La Direttiva sulla conservazione dei dati del 2006 è stata annullata nel 2014, e altre decisioni – fino al 2020 – hanno confermato che la raccolta generalizzata di metadati viola i diritti fondamentali.
Eppure, la Commissione insiste: serve un nuovo quadro normativo, capace di garantire la cooperazione tra Stati membri nelle indagini penali, soprattutto quelle transfrontaliere.

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Consultazione aperta: parola a cittadini e aziende
Fino al 18 giugno, cittadini, aziende tech, fornitori di telecomunicazioni e associazioni per i diritti civili potranno inviare il loro feedback sul documento proposto. Al momento, l’UE non impone obblighi vincolanti, ma suggerisce linee guida comuni su tempi minimi di conservazione e standard tecnici. Tuttavia, non esclude che in futuro si possa arrivare a misure obbligatorie.
Tra le ipotesi sul tavolo c’è l’introduzione di requisiti per conservare indirizzi IP, dati del dispositivo e informazioni sugli utenti per periodi proporzionati alla gravità dei reati.
Una questione di equilibrio (e fiducia)
Bruxelles promette di rispettare i più alti standard di cybersecurity, privacy e integrità del mercato. Ma le critiche non si fanno attendere: secondo molte organizzazioni per i diritti digitali, nessuna garanzia tecnica potrà eliminare del tutto il rischio che enormi archivi di metadati possano essere usati per la sorveglianza.
Insomma, ci troviamo di fronte a una scelta delicata: da un lato, il bisogno di strumenti efficaci per la giustizia; dall’altro, il dovere di proteggere la libertà e la riservatezza dei cittadini europei. E questa volta, la parola spetta anche a te.
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